[Predappio] La banalità del male e la banalizzazione

Riceviamo e diffondiamo questo contributo che ci è giunto,  che sviluppa una considerazione a partire dalle note vicende che interessano ogni anno l’abitato di Predappio, e di cui già recentemente avevamo scritto a proposito dell’ultima immonda celebrazione fascista di domenica 26 ottobre. 


La banalità del male e la banalizzazione.
Sui fascisti a Predappio, ancora…

Anche quest’anno ci sono state le solite buone 48 ore di articoli sui giornali, interviste fatte per strada, commenti pro e commenti contro l’ennesima manifestazione fascista che invade il paesello romagnolo almeno a ridosso di ogni 28 ottobre (marcia su Roma), 29 luglio (nascita del dittatore) e 28 aprile (morte).
Tra poche ore non ne parlerà più nessuna/o, fino all’anno prossimo: un altro bel lascito della digitalizzazione/virtualizzazione del mondo.
Perché allora scrivere queste righe e aggiungere un trafiletto in più di quasi folklorico sdegno per poi dimenticarsene pochi minuti dopo, pochi “scroll” dopo?
Perché l’attualità trattata in maniera emergenziale, come si sta ormai perpetuamente facendo da decenni, non consente lucidità d’analisi secondo noi e la ridicolizzazione dei fascisti che si ritrovano a Predappio, che molti giornalisti inseguono con le proprie interviste cercando il più caso umano tra tutta la marmaglia, getta ancora più fumo negli occhi.

I fascisti – ci rifiutiamo di definirli “neo” o “post” perché la continuità simbolica, ideologica, pratica è evidente e, anzi, da loro stessi rivendicata – scorrazzano liberamente per Predappio almeno dal 1983, anno in cui la Prefettura di Forlì ritira il divieto di vendere paccottiglia fascista (guarda caso nel centenario della nascita di Mussolini) per poi fare un salto di qualità nel 1997, anno in cui l’allora sindaco dei DS (Democratici di Sinistra, sì, quelli di quel D’Alema che concedeva le basi militari per bombardare Sarajevo, remember?!) approva l’apertura dei negozi di “souvenir”come li chiamano loro (e anche i giornali).

Questo per dire che il problema è trentennale ed è soprattutto un problema sociale, della cittadina romagnola. Come si fa a tollerare che due/tre volte l’anno la città venga invasa da fascisti e nazisti proveniente da tutta Italia (e spesso anche dall’estero: falangisti di Spagna, nazi ungheresi etc) senza contare che TUTTO L’ANNO, tutti gli anni, Predappio è il parchetto giochi di fascisti di ogni risma. E non sono solo “nostalgici” (come se poi avere a che fare con dei nostalgici ci facesse star tranquilli, boh!): la maggior parte sono uomini (il 98%) di tutte le età e provenienze che vengono a venerare un dittatore fortunatamente giustiziato che per prendere il potere ha sparso per l’Italia morte, torture, tradimenti, incendi, saccheggi, oppressione. E che una volta preso il potere (concessogli, in verità) non ha fatto che proseguire nella strada dell’oppressione fino alle tragedie massime delle leggi razziali e della guerra. Ed è bene ricordarlo, perché la storia è sempre più dimenticata, mistificata, taciuta, revisionata: Mussolini va al potere per soffocare le istanze di liberazione di una generazione di sfruttate/i che, se industriali ed agrari non avessero armato il fascismo (e se partiti e sindacati di sinistra non fossero stati dei pusillanimi, a dir poco), avrebbe fatto la rivoluzione sociale. Ed in questo non è cambiato nulla: le squadracce che nel 1921 assalivano, coperti e spalleggiati da esercito e carabinieri, fanno il paio con i fascisti che nel 2025 attaccano i liceali che protestano aiutati dalla celere (esempio Torino pochi giorni fa) o i picchetti degli scioperanti (come a Seano nel 2024).

Ma tornando a Predappio c’è da chiarire, a chi non avesse mai messo piede tra queste colline, che TUTTA la vita sociale di questo paese è ostaggio della presenza della cripta Mussolini e dei suoi accoliti: dalle gare motociclistiche ai trekking urbani, passando per le serate di degustazione di vini, tutto ruota attorno al fascismo e alla figura di Mussolini. E come potrebbe essere altrimenti? Predappio Nuova fu costruita dal dittatore per celebrare se stesso (quest’anno i cento anni dalla Fondazione, con tanto di festa e maxi modello di cartone della città esposto in piazza!) e tutte le amministrazione degli ultimi 30 anni, con una menzione d’onore ai multipli mandati dell’ex sindaco Giorgio Frassineti, del PD, si sono prodigate per fare sì che il paese ed il fascismo siano felicemente gemellati, per la bella faccia e le tasche gonfie di quei tre o quattro imprenditori che hanno costruito una fortuna sui “gadget” (Pompignoli, Morosini, Ferrini prima di tutti).

Ogni persona che vive a Predappio o che la visiti, senza essere fascista, si potrebbe domandare per una volta nella vita: ma posso tollerare che chi ha messo a ferro e fuoco la Romagna (letteralmente: la “colonna di fuoco” di Italo Balbo) e poi tutta Italia e poi l’Albania, l’Etiopia, la Spagna (il sostegno decisivo a Franco contro la Repubblica), sia osannato davanti ai miei occhi, senza fare nulla? Che questi ragazzini, che poi vanno in quaranta contro due (riferimento all’ultima aggressione fascista a Cesena dell’11 ottobre scorso) possano tranquillamente salire a Predappio e comprarsi dei manganelli, dei tirapugni e dei coltelli con su inciso nell’elsa “boia chi molla” e poi andare a vagheggiare di onore e merdate simili nella cripta di Mussolini, come se fosse “normale”…e in effetti, è tragico ammetterlo, nell’Italia del 2025 è più “normale” questo che lottare contro il genocidio in Palestina, genocidio che il governo italiano appoggia, arma e finanzia, lotta per la quale ti becchi accuse e condanne per terrorismo (vedi, tra tutti, il caso di Anan Yaesh).

Un’ideologia come il fascismo che, come qualcuno/a ha magistralmente riassunto, è un “vuoto pneumatico” che si fonda, si sostiene e si autoalimenta su/di rituali e celebrazioni che devono essere ripetute per dare linfa a un costrutto che non ha radici sociali, né filosofiche, tanto meno esistenziali, ma che possiede solo un’accozzaglia di slogan ripetuti vuotamente. Primo tra questi “miti fondativi”, e forse quello più pericoloso per chi vive l’antifascismo senza deleghe, è quello dell’invincibilità, che ha bisogno di riconferme continue in scontri di strada (sì, quaranta contro due però). Ogni mito ha necessità di un luogo dove poter esprimere la propria liturgia, e cos’è Predappio, oggi, se non la vera e propria Mecca del fascismo?

“Sanzves e Manganel – Predappio, la mecca in camicia nera”

Non è perciò solo una questione di stomaco, di non voler vedere qusta gentaglia in giro per il paese e per le valli, ma anche una questione politica e sociale urgente: questi fascisti, a Predappio, trovano linfa vitale e totale agibilità per i loro deliri di supremazia.

Anche tutta la manfrina sulla paura di “quelli di Forza Nuova” merita una piccola precisazione, perché letta, oggi, sui giornali pare un’allarmante novità: Forza Nuova, fino alla scissione che ha portato alla nascita della “Rete dei patrioti” (2020) è stata sempre integrante, quando non direttamente organizzatrice, delle manifestazioni di Predappio, e questo da decenni. Poi che tra camerati stessi non corra buon sangue e quindi si mettano a fare i loro teatrini di eterne vittime, esclusi, osteggiati dalla Digos (seeeeeee!) serve solo a fare un po’ di pubblicità ad un partito, Forza Nuova, che ha negli ultimi anni perso moltissimi iscritti.
Ciò non toglie che i nazifascisti, quelli da stadio e da strada, che menano e sanno menare (o accoltellare) vengano da sempre a Predappio, e quindi non vi troviamo solo i pagliacci col fez made in china.

Due fascisti intervistati a Predappio il 26 ottobre 2025

E parlando di pagliacciate, veniamo alla banalizzazione: a vedere i video dei giornalisti che intervistano i/le camerati/e sorge il pensiero che li/e si voglia per forza far passare per dei dementi, sgrammaticati, imbecilli, in una parola, sì, fascisti. Ma questa opera di ridicolizzazione è molto pericolosa sotto diversi punti di vista.
È certo vero che “la galassia fascista” si compone di individui per lo più stolti, abbrutiti e repressi, per dirla come si farebbe da noi: “che non fanno una O con un bicchiere”. Ma, a ben vedere, il fascismo non è mai stato altro che questo: moltitudini arrabbiate, frustrate, sobillate nei “bassi istinti” (ieri “la vittoria mutilata” oggi “l’immigrato privilegiato”), scatenate senza nessuna necessità di riflessione o di possibilità di messa in critica degli ordini sbraitati dai capi. Era esattamente, peraltro, ciò che Mussolini o ancora più un Michele Bianchi, uno degli ideologi del fascismo del ‘22, promuovevano: una cerchia ristretta di individui eletti, “illuminati” (come avrebbe detto Bianchi che era massone) a guidare le “immature” masse italiche verso la riconquista dell’onore perduto della patria.

Anche le camicie nere storiche erano per lo più gente violenta e ignorante, avvezza più alle scazzottate da osteria e alle coltellate alcoliche che alla discussione, all’organizzazione tra pari. Erano massa d’urto al servizio di un astuto, laido, infido politicante: Benito Mussolini.
Per questo non c’è da stupirsi che a Predappio, oggi, si riversi la crème della crème dell’idiozia nazional-popolare, ma non c’è neppure da prenderli sotto gamba. Non c’è una sorta di “degradazione” odierna di quello che il fascismo rappresentava, non è che i discendenti delle squadracce siano meno pericolosi perché più imbecilli, sono esattamente ugualmente pericolosi perché ugualmente incattiviti, impuniti, galvanizzati, imbecilli (solo con la parola imbecille ci viene da trattare uno/a che crede di “lottare contro il sistema” ed è finanziato, armato, difeso, spalleggiato dagli industriali/politici/imprenditori che il sistema, quello del capitalismo e della borghesia, hanno congegnato e imposto).

Dire che “un/a fascista non ha idee”, in quanto fascista, non è sbagliato in sé, ma non toglie nulla alla funzione reazionaria di quel/la fascista; è esattamente così che viene richiesto che sia, ciò che vogliono i capi, i gerarchi, i capi-partito, i duci: forza motrice. Un fascista non deve avere idee, ma parole d’ordine e agli ordini, per quanto stupidi o brutali o infami o sanguinari, si obbedisce.
Poi ci son i capi, gli ideologi, i fascisti che scrivono i libri,  tutto vero, ma senza la massa, la bassa manovalanza, sarebbero poco più che un club di itterici biliosi che vagheggiano di arianità e autocrazia.
Non stiamo descrivendo nulla di incredibile: banalmente è come è organizzata una caserma, che infatti è l’ispirazione della società fascista. Il fascismo non è infatti propriamente “un movimento politico” ma una maniera di arrivare al potere, e ogni potere si fonda sulla dominazione di pochi, l’accettazione-complicità di alcuni e l’indifferenza di molti; così ci pare ci suggerisca la storia dei totalitarismi (come delle cosiddette democrazie, che in quanto ad arbitrarietà, privilegio e oppressione pare abbiano imparato bene la lezione dai totalitarismi, ma questa è un’altra storia).

Il fascismo del ‘22 si è affermato sulla violenza che lo Stato gli ha concesso di esercitare, impunito (l’impunità dei fascisti, benchè facciano costantemente le vittime, è un dato fondamentale  nel loro operato, ieri come oggi), a piene mani o spesso affiancandogli carabinieri e regio esercito, mentre gli oppositori politici (di stampo socialista, anarchico, comunista, Arditi del Popolo, repubblicani…) se solo venivano trovati con un bastone venivano arrestati.
Oggi sta succedendo, magari in piccolo, la stessa identica cosa perché la partecipazione sociale alla “cosa pubblica” è incredibilmente diminuita. E per non ricommettere gli errori del passato non possiamo considerare il fascismo di oggi una “tragica pantomima”, ma dobbiamo organizzarci nella consapevolezza che, al momento opportuno (per esempio in caso di sollevamenti sociali dovuti all’economia di guerra o a prossimi arruolamenti per le guerre della Nato??!) lo Stato riutilizzerà la propria sporca manovalanza come sempre ha fatto, come non ha mai smesso di fare, dagli scioperi del ‘21 alla strategia della tensione degli anni ‘70 e ‘80 fino ad oggi.

Di questa consapevolezza fa parte la certezza, storica oltre che esperienziale, che “l’antifascismo della costituzione” di cui si fregiano i vari partiti di sinistra, è solo una mostrina da esporre il 25 aprile, per poi passare il resto dell’anno a votare per più telecamere, più centri per reclusione dei migranti, meno diritti per le fasce povere della popolazione, più bombe, più asfalto (etc.).
Ciò mentre il grido di libertà dei compagni e delle compagne partigiane che allora c’hanno lasciato la pelle ci intima di non fidarci, che la stessa gente che porge la mano ai fascisti, in nome del dialogo democratico, è quella che ciancia di “violenti” o “provocatori” se ci si arrabbia nei cortei.
Il fascismo si combatte, a Predappio come ovunque, con la cultura della fratellanza, della sorellanza e della solidarietà tra sfruttati/e; una cultura del rifiuto della competizione e del servilismo; ma una cultura che sappia impugnare le armi per l’autodifesa per non essere, ancora una volta, gettata nel tritacarne della storia.

– Alcuni/e Antifascisti/e Arrabbiati/e dai colli di Romagna –