
Sabato 22 novembre a Ravenna c’è stata una manifestazione fascista organizzata dal comitato nazionale per la “Remigrazione”. Come ormai noto, questo comitato é sorto a livello nazionale ed é composto da diverse sigle neofasciste: Casapound, Rete dei patrioti, Veneto Fronte Skinhead e Brescia ai bresciani. Ha trovato inoltre non inattese sponde in alcuni consiglieri comunali di destra di alcuni comuni italiani.
La “remigrazione” è il nuovo mantra che unisce i fascisti di oggi (sia quelli di strada, che quelli in giacca e cravatta), il nuovo nome che danno alla proposta di sempre: deportare le persone immigrate e non bianche. Non solo chi non ha la cittadinanza ma perfino chi ce l’ha, in quest’ultimo caso con supposte deportazioni “volontarie”. È un tipo morbido di pulizia etnica, la proposta che i fascisti vorrebbero portare in parlamento e trasformare in legge, per mezzo di manifestazioni, raccolta firme e agganci con la destra istituzionale.
Una parola divenuta celebre perché rilanciata in occasione di pubblici comizi o interviste da personaggi squallidi come il generale Vannacci. Concetti infami, che risorgono dalle cloache della storia e che questi gruppi, e chi li difende, cercano di sdoganare dietro la retorica giustificazionista della libertà di pensiero e della proposta politica.
Il fascismo però non é libertà ma il suo contrario: é la negazione della libertà.
I fascisti (al 99% maschi) sono arrivati a Ravenna da più parti della Regione e non solo, soprattutto da Bologna, Reggio Emilia, Parma e Piacenza, con qualche veneto al seguito (da notare che in serata per l’occasione era stato organizzato un concerto del gruppo fascista veneto “Topi Neri” nelle sede di Casapound nella vicina Cesena). Notata in piazza, come era ovvio, la partecipazione dei camerati della sezione cesenate di Casapound e alcuni della Rete dei Patrioti di Faenza e Rimini. Di ravennati presenti quasi nessuno.
Contro questa presenza escrementizia alcuni partiti di sinistra e sigle antifasciste avevano chiamato un presidio ai giardini Speyer, vicino al luogo di concentramento dei fascisti. Intanto, mentre i fasci si radunavano, i contro-manifestanti che tentavano di avvicinarsi venivano bloccati dalla polizia antisommossa in viale Farini.



Come sempre protetti e scortati da un ingente stuolo di forze dell’ordine, i fascisti hanno sfilato alle 16.00 da piazza Mameli (zona Stazione) con uno striscione “remigrazione” e bandiere tricolori, in un centinaio divisi in file di quattro e ben distanziati per sembrare di più, fino a piazza Einaudi, dove tra l’Inno di Mameli e le idiozie razziste urlate al microfono (dello stile “Ravenna é nostra e ci appartiene” e “Italia agli italiani, Europa agli europei”) é partito anche qualche saluto romano e dove un antifascista tra quelli riusciti ad arrivati sia in piazza del Popolo che in piazza Garibaldi, sempre bloccati dalla polizia, é rimasto ferito ad una gamba da una bomba carta lanciata da uno dei partecipanti del comitato Remigrazione, che poi, come hanno scritto sui giornali locali, sarebbe stato “consegnato” alla polizia dai suoi stessi camerati (begli infami i fascisti!).


Il corteo fascista, dopo poco più di un’ora, attorno alle 17.30, si è poi mosso per tornare verso piazza Mameli percorrendo a ritroso via Diaz e via Farini, sempre incalzato da gruppi di antifascisti controllati a vista da digos e celere.
Da rimarcare, aldilà delle dichiarazioni di facciata, la scelta dell’Amministrazione comunale e dunque degli esponenti della maggioranza di centro-sinistra di non partecipare a nessun presidio antifascista. Né a quello lanciato, né ad uno organizzato in proprio. Anche i tentativi di fare pressione su questore e prefetto per impedire il corteo dei fascisti non sono andati oltre alle mere parole. Ma non c’era, ovviamente, da aspettarsi altro; stiamo parlando dell’amministrazione comunale che solo qualche mese fa ha sfattato l’unico spazio autogestito della città, lo Spartaco, e che manda la sua polizia locale a distruggere le tende di chi, senza casa, si trova a dover vivere in strada.
Quello della “remigrazione” non è un fenomeno solo italiano. È un movimento internazionale che sta prendendo piede in gran parte dell’Europa, con contorno di aggressioni e raid razzisti. Il teorico é l’austriaco Martin Sellner, leader del Movimento Identitario, già espulso da Svizzera e Germania per motivi di sicurezza. Il suo piano prevede che siano “deportabili” non solo persone senza documenti ma anche richiedenti asilo, stranieri regolari in possesso di permesso e perfino cittadini europei, quindi con tutte le carte “in regola” ma che vengono considerati come “non assimilati”. Tutte categorie di persone riconosciute dai razzisti come “non europee” e in quanto tali da espellere.
Il comitato italiano “remigrazione e riconquista” é stato presentato ufficialmente il 15 novembre 2025 a Brescia. Sul sito ufficiale si può leggere, in un trionfo di fraseologia complottista e suprematista, che “ambisce a diventare il punto di riferimento nazionale per tutti coloro che, negli anni, si sono opposti alla dilagante sostituzione demografica e culturale, offrendo loro una piattaforma concreta e strategica per trasformare una visione comune in azioni incisive”. Suo obiettivo “incentivare il ritorno degli stranieri nei Paesi d’origine”, addirittura “istituendo un accordo tra lo Stato e il singolo che consenta allo straniero regolarmente soggiornante in Italia di ricevere un contributo economico per il rientro nel Paese d’origine a fronte della rinuncia definitiva e irrevocabile a ogni diritto di soggiorno e cittadinanza in Italia”.
La nascita del comitato italiano avviene dopo che il 17 maggio al Teatro Condominio di Gallarate si era riunita buona parte della crema dell’estrema destra europea a cominciare proprio da Martin Sellner e con rappresentanti da Francia, Belgio, Germania, Stati Uniti e altri paesi. Una convention fondativa di un movimento che si propone di normalizzare la pulizia etnica in Europa e fare da sponda alle politiche discriminanti dei governi nazionali e delle istituzioni comunitarie, sempre più orientate verso iniziative simili.
Da allora, recepito il verbo, si sono avute diverse uscite pubbliche del comitato, con striscioni, manifesti e presidi statici in varie città italiane. Il 7 novembre scorso era avvenuta la presentazione anche a Cesena, nel ristorante “Donini per la gola” di Corte Dandini, ormai punto fisso dell’estrema destra cesenate dove Casapound, che ha la sua sede proprio a fianco, ha organizzato spesso e volentieri iniziative e tesseramenti.

Il 22 novembre Ravenna avrebbe dovuto essere forse, nelle intenzioni, un test per un grande corteo se non nazionale almeno regionale. I fascisti lo avevano esplicitato nell’indizione della manifestazione: “non potevamo non scegliere Ravenna quale prima uscita ufficiale post presentazione, città in mano alla criminalità straniera, dove l’immigrazione incontrollata ha messo radici ben salde”. Perché proprio a Ravenna? Di certo si é cercato di strumentalizzare alcuni casi episodici, come quello di Francesco Patrizi, ingegnere ravennate e imprenditore di pannelli solari, che ha denunciato un paio di aggressioni a danno di suo figlio, ed é subito diventato un caso mediatico per le sue comparsate a programmi radio e tv dopo che lo stesso aveva espresso la volontà di farsi giustizia da sé ed aveva promosso una manifestazione “per la sicurezza” il 19 luglio contestata poi dagli antifascisti locali. Da notare che Patrizi già prima non era uno sconosciuto ma un volto noto a Ravenna, membro e attivista di quella lista civica di destra La Pigna, fortemente anti-immigrazione e che chiede da tempo i militari di Strade Sicure in città oltre a fare continuamente campagna elettorale sulla pelle delle persone più indigenti. La Pigna é anche la lista politica che aveva lanciato una martellante campagna mediatica per chiedere lo sfratto del CSA Spartaco, poi ottenuto.
Se guardiamo ai numeri del corteo di Ravenna questi ci dicono che il test dei fascisti non è riuscito, almeno per come avrebbero voluto. Poco più di un centinaio di persone non é certo un grande evento, soprattutto per un comitato nazionale che raggruppa 4 sigle diverse e altri simpatizzanti. Con questo non é comunque da sottostimate per il futuro la possibilità di attrarre parte della popolazione urbana verso derive e soluzioni razziste strumentalizzando alcuni singoli episodi di cronaca locale che vedono protagonisti immigrati o cittadini di seconda generazione, sapendo che in quest’opera di costante disinformazione i fascisti possono contare non solo sugli agganci con la destra più istituzionale ma anche sugli apparati mediatici che sempre più spesso si comportano come megafoni dei peggiori rigurgiti razzisti.
…fascisti e razzisti remigrate nelle fogne!